Paolo Coccorese

Giornalista, è ormai da anni il “cronista di Barriera” per La Stampa Torino.

Le borse pesanti della signora che ti chiede aiuto per portarle a casa. La leggerezza del Garabato, il teatro più piccolo della città. I Docks Dora: cemento-acciaio- cemento. Oltre il cancello ti ritrovi in un romanzo di Dickens. Il campetto di basket di corso Taranto.
I torcinelli dei cerignolani, il tarallificio del Covo, la leggenda che quelli di Grom hanno copiato il gelato de Il Cavaliere. Sì, vabbè, è una pizzeria ma lo fa che è una meraviglia. La focaccia pomodorini, acciughe, riccia del Panificio Pugliese da mangiare, però, in strada, seduti su un gradino.
Quanto è “Blade Runner” il parco “Peccei”? I residenti di via Aosta che fanno gli scongiuri prima di sedersi sulle panchine a forma di bara. Le voci, il profumo di fritto e gli sguardi celati dei vicoli del borgo vecchio che se ci fosse ancora De Andrè ci farebbe una canzone.
Il “bazin” delle senegalesi. Le tuniche nella moschea di via Sesia durante il ramadan. La spiritualità nascosta delle chiese gospel nell’ex fabbriche di corso Vigevano. La Spoon River delle lapidi dimenticate alla Cascina Marchesa: “Qui un pugno di operai male armati lottava contro i carri armati tedeschi”. La parrocchia “Gesù operaio” perché me lo immagino con la tuta blu.
Le vecchie boite. Le docce dei Bagni di via Aglié. La sezione femminile e quella maschile della scuola Gabelli. Quanto mi piacciono i grembiuli dei bimbi? La banda Cavallero. L’insegna “Ciau Turin” sul Trincerone: una volta la città si fermava qui. La torrefazione “Mokadoro” di corso Vercelli, più di cinque non ci si sta.
Raccontare su un giornale Barriera spesso ti porta a evidenziarne le “cose brutte”. Questa volta ho deciso di andare controcorrente. Ho buttato giù una breve lista di quelle che mi piacciono più. Sono solo una piccola parte. Le altre scopritele da voi. E raccontatemele a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.